Via Crucis verso la Croce del Campo

Da Gerusalemme a Siviglia

Per il 1° Marchese di Tarifa, l'evento principale della sua vita, come lui stesso proclama, tra le croci di Gerusalemme sulla facciata della sua casa, "è stato l'evento più importante".4 giorni di agosto 1519 entrò a Gerusalemme"Il punto culminante di questo viaggio fu il pellegrinaggio in Terra Santa tra il 1518 e il 1520, di cui si è recentemente celebrato il quinto centenario, e il cui culmine fu la Via Crucis che compì in Terra Santa tra quelle che gli furono indicate come le rovine del Pretorio e il Monte Calvario. Trascendentale per lui, le sue conseguenze non furono meno importanti per Siviglia, poiché, essendo don Fadrique esposto al meglio dell'architettura rinascimentale contemporanea durante il suo doppio viaggio in Italia, portò in città nuove forme che, in un periodo di tempo sorprendentemente breve, avrebbero trasformato il suo assetto urbanistico e, istituendo una Via Crucis che ricordava quella realizzata in Terra Santa, avrebbero trasmutato la sensibilità con cui la città commemorava la Passione di Cristo, in quello che tradizionalmente è stato visto come il germe delle processioni della Settimana Santa.

"Questo libro è del viaggio che io don Fadrique enrriquez de rribera, marques de tarifa adelantado mayor del andaluzia hize a Jerusalén di tutte le cose che in el me pasaron da quando salii dalla mia casa di nascita, che fu miercoles veinte i quatro de nobienbre de quinientos i diez i ocho hasta veynte de otubre de quinientos y veinte que entré en Seuylla."

Così Fadrique Enríquez de Ribera, 1° marchese di Tarifa e Adelantado Mayor dell'Andalusia [1476-1539] inizia il racconto del suo pellegrinaggio in Terra Santa, di cui si è recentemente celebrato il 500° anniversario del ritorno. Percepito come uno spartiacque nella sua vita, don Fadrique cercò di perpetuare la memoria di questo viaggio in vari supporti, su carta come già detto, ma anche su pietra, con iscrizioni che alludevano al suo ingresso nella Città Santa collocate nei punti più visibili dei suoi palazzi di Siviglia e Bornos: sull'arco trionfale della nuova facciata, nel primo; fissando i pennacchi degli archi perimetrali del cortile, nel secondo. Volle anche immortalare il ricordo in qualche altro mezzo che non ha superato la prova del tempo, come nei doni che fece alla Certosa nel suo testamento: il suo cappello da pellegrino, il suo bastone e le pietre che aveva raccolto dalle vie della Via Crucis che aveva fatto a Gerusalemme.

Un evento rilevante per i posteri, come il suddetto manoscritto ha più volte meritato il privilegio della stampa, non lo fu di meno per i suoi contemporanei, come testimoniano le diverse versioni manoscritte di questo viaggio che si sono conservate, e l'esistenza di un documento nella biblioteca del monastero di Guadalupe che include numerosi passaggi sulla Terra Santa e dichiara come fonti, da un lato, un "...", e dall'altro, un "...".libretto"D'altra parte, le descrizioni orali dell'entourage che lo accompagnava, testimonianze alle quali il monaco copista ebbe accesso durante il breve soggiorno che il marchese fece nel monastero di Cáceres al suo ritorno.

Copertina del libro Viaje a Jerusalén di Don Fadrique Enríquez de Ribera, (Lisbona 1608)

Frontespizio dell'edizione di Lisbona del 1608 del diario del pellegrinaggio in Terra Santa del 1° marchese di Tarifa.

Quel libretto, oggi perduto, a cui si riferisce il manoscritto del monastero di Guadalupe, è il diario in cui don Fadrique annotava minuziosamente notizie e dati del suo viaggio di pellegrinaggio e che costituisce la base di tutti i manoscritti e gli stampati che si sono conservati, il più antico dei quali, di cui abbiamo trascritto l'incipit, è un parziale autografo del famoso poeta e musicista Juan del Encina che accompagnò il marchese da Venezia in Terra Santa, Questo documento fu lasciato in eredità da Don Fadrique, insieme a tutta o parte della sua biblioteca, al monastero della Cartuja de las Cuevas, pantheon della casa di Ribera, e se oggi si conserva nella Biblioteca Nazionale è grazie al poligrafo sivigliano Pascual de Gayangos che lo salvò dal doloroso saccheggio del patrimonio bibliografico spagnolo durante il disarmo.

La puntigliosità con cui il marchese annotò nel suo diario le distanze e le misure delle strade, degli edifici e quelle tra ciascuna delle stazioni della Via Crucis da lui compiute a Gerusalemme, è coerente con la tradizione orale che attribuisce l'istituzione della Via Crucis sivigliana alla sorpresa che il marchese di Tarifa ebbe nel constatare l'equivalenza delle distanze che aveva preso in Terra Santa tra il Pretorio e il Golgota con quelle tra il suo palazzo e l'umile luogo della Cruz del Campo. Così, come la creazione di una reliquia che, alla sua morte, fu inventariata tra i beni delle sue stanze: "...".Un nastro che prendeva la misura del Santo Sepolcro"Per i posteri, la Via Crucis da lui istituita sarebbe letteralmente una trasposizione spaziale da Gerusalemme a Siviglia, come si può dedurre da un opuscolo pubblicato nel 1653, il cui titolo recita "Un ricordo molto devoto e molto proficuo della faticosa strada che Cristo nostro Redentore ha fatto per condurci alla Gloria [...] dalla Casa di Pilato al Monte Calvario [...] il cui tratto è quello che inizia dalle Case degli Eccellentissimi Duchi di Alcala fino alla Cruz del Campo di questa Città". e in cui si afferma che Don Fadrique ".Tracciò la misura e la distanza dalla Casa di Pilato al Calvario e tracciò la distanza dalle sue Case (il cui portale fece scolpire nel modo e nel disegno di quello di Pilato) alla Stazione della Croce del Campo, affinché questa nobilissima Città fosse nobilitata dalla devota memoria di questo luogo e godesse delle innumerevoli indulgenze a cui partecipano coloro che la visitano in Gerusalemme".

Certamente, come tutto ciò che riguarda il mondo reliquiario, questa tradizione non regge alla critica storica positivista, e la storiografia sottolinea, con accurata erudizione, anche se un po' irrilevante per la comprensione della pietà barocca, che in origine la Via Crucis non arrivava alla Cruz del Campo e che le misure, incongruamente prese fino al suddetto humilladero, non hanno nulla a che vedere con quelle della Via Crucis praticata a Gerusalemme, identificando questa con quella realizzata da don Fadrique. La prima menzione documentaria, ad oggi conosciuta, della Cruz del Campo come termine dell'itinerario della Via Crucis appare in un breve di Papa Urbano VIII, datato 14 novembre 1625, con il quale si concedeva l'indulgenza plenaria a coloro che praticavano questo devoto esercizio, come si evince dalla pala d'altare in marmo che il III Duca di Alcalá fece collocare sulla facciata della sua casa come ricordo di questa grazia pontificia, con un'iscrizione che recita:

"QUESTA SANTA CROCE DÀ INIZIO ALLA STAGIONE E NELLA CROCE DEL CAMPO SI CONQUISTA IL GIUBILEO PLENARIO, L'INDULGENZA PLENARIA PER TUTTI I PECCATI, CONCESSA A TUTTE LE PERSONE CHE, DOPO ESSERSI CONFESSATE E AVER RICEVUTO LA COMUNIONE, PREGANO DEVOTAMENTE DAVANTI ALLA CROCE DEL CAMPO NEI VENERDÌ DI QUARESIMA. DEVONO AVERE LA BOLLA DELLA SANTA CROCIATA DI QUEST'ANNO. L'ECCELLENZA DON FERNANDO AFÁN DE RIVERA Y ENRÍQUEZ, DUCA DI ALCALÁ, ECC. ESSENDO AMBASCIATORE STRAORDINARIO PER DARE OBBEDIENZA ALLA SANTITÀ DI URBANO VIII GLI CONCESSE QUESTO GIUBILEO ED ESSENDO VICERÉ E CAPITANO GENERALE DEL REGNO DI NAPOLI ORDINÒ CHE QUESTA SANTA CROCE FOSSE DEDICATA IN QUESTO LUOGO PER INIZIARE LA STAGIONE NELL'ANNO MDCXXX."

In ogni caso, con un numero crescente di stazioni, dalle iniziali sette citate nel breve del 1529 con cui Clemente VII concedeva indulgenze a chi lo faceva, gli eredi della Via Passionis medievale, passando per i dodici citati nel citato libretto del 1653, fino ai quattordici della metà del XVIII secolo, gli stessi dell'attuale Via CrucisQuesto atto di pietà ha contribuito come pochi altri a plasmare la sensibilità sivigliana intorno alla commemorazione della Passione di Cristo e, per questo motivo, è giustamente indicato come una delle fonti che hanno plasmato la Settimana Santa sivigliana.

Nel corso del tempo, il cammino verso la Cruz del Campo sarebbe stato segnato da croci di legno, alcune su piedistalli e altre sui muri dei conventi o sugli archi dei tubi di Carmona, croci che sarebbero scomparse gradualmente nel corso del XIX secolo, ad eccezione di quella che era fissata alla casa numero due nella Plaza de Pilatos, che fu spostata nella cappella del Palazzo dove è ancora conservata. Questa scomparsa fu il riflesso del declino di un esercizio devozionale che fu recuperato solo nel quinto decennio del XX secolo con la creazione della Pia Unione alla Cruz del Campo, un'associazione canonicamente eretta nel 1958 dal cardinale Bueno Monreal, su richiesta del duca di Medinaceli e Alcalá, Rafael Medina Vilallonga, il cui scopo essenziale è la promozione della recita della Via Crucis, argomento che trattiamo nella sezione dedicata all'opera di questa pia associazione, a cui potete accedere cliccando sulla sezione corrispondente dei contenuti correlati.