Berruguete era il figlio maggiore di uno dei protagonisti della pittura ispanica dell'ultimo quarto del XV secolo, Pedro Berruguete, nella cui bottega deve aver iniziato la sua formazione. Dopo la morte prematura del padre, avvenuta nel 1503, partì per l'Italia per completare la sua formazione, risiedendo a Firenze e a Roma tra date controverse, la più accreditata delle quali è il 1506 per la partenza e il 1518 per il ritorno. Qui trovò un certo grado di protezione da parte di Michelangelo, alla cui cerchia fiorentina si unì attraverso Francesco Granacci.
È certo che nel 1518 era già in Spagna per eseguire la tomba del più alto dignitario della corte caroliniana appena arrivato, quella del cancelliere Selvaggio (Jean Sauvage) a Saragozza, il che dimostra che aveva già una certa fama. In seguito continuò a prestare servizio tra gli artisti di corte ed entrò a far parte della cerchia dell'architetto reale Alonso de Covarrubias. La commissione della pala d'altare di San Benito el Real a Valladolid, nel 1526, segnò una svolta nella sua vita e nel suo lavoro, poiché gli permise di costruirsi a Valladolid una residenza signorile all'altezza delle sue pretese sociali e di creare una grande bottega con la quale affrontare importanti commissioni. Dall'Italia portò non solo idee e formazione, ma anche un approccio moderno al lavoro dell'artista che, secondo le parole di Manuel Arias, "si basava sul disegno, secondo i postulati stabiliti in Italia, dove la sua arte era stata forgiata". Berruguete lavorava come un maestro, tracciando disegni e schizzi, realizzando cartoni che poi i suoi funzionari trasferivano sul supporto finale".
I suoi due centri di produzione furono Valladolid, dove aveva residenza e bottega, e Toledo, dove realizzò la sua opera matura grazie al mecenatismo e persino alla protezione del cardinale Tavera che, probabilmente già nel 1523, quando era presidente della Cancelleria Reale di Valladolid, gli aveva assicurato un posto di notaio. A Toledo realizzò la sua opera più importante, gli stalli del coro della sua cattedrale e la sua ultima opera, la tomba del suo grande benefattore, e trovò persino la protezione del canonico fabriquero Diego López de Ayala, che forse, in quanto responsabile del programma iconografico della cappella del Salvatore a Úbeda, lo aiutò a essere chiamato dalla vedova di Francisco de los Cobos, María de Mendoza, a commissionare la pala della Trasfigurazione.
Il suo stile è caratterizzato dall'intensità emotiva e dal movimento drammatico dei personaggi, con una certa mancanza di preoccupazione, a volte, per la lavorazione tecnica. La sua produzione è abbondante nelle pale d'altare e negli stalli del coro, come quella già citata per la Cattedrale di Toledo (1539-1548), dove scolpì su noce, senza alcuna policromia, una meravigliosa galleria di figure di profeti e santi in una grande varietà di pose e animati da un'intensa vita interiore. Altri capolavori, oltre a quelli già citati, sono le pale d'altare di Mejorada de Olmedo (1526), quella di San Benito a Valladolid (1526-1532), in cui sono raffigurate in rilievo scene benedettine e della vita di Cristo, e quella dell'Adorazione dei Re (1537), sempre a Valladolid.