La grande tela del Battesimo di Cristo (1608-1624) è un'opera di una delle tre pale d'altare della Cappella, una magnifica e personale invenzione compositiva di El Greco, completata nelle parti superficiali dal figlio Jorge Manuel.
Come è noto, Pedro Salazar de Mendoza, amministratore dell'Ospedale di Tavera, firmò il 16 novembre 1608 un contratto con l'anziano artista greco per realizzare la pala d'altare principale e le pale laterali della cappella, dedicata, com'è logico, a San Giovanni Battista, uno dei grandi complessi che figurano tra le sue opere più importanti, anche se la pala d'altare principale non seguì i suoi disegni in tutti i loro elementi e le tele previste non furono mai collocate sulle rispettive macchine retabli. Dei 7.000 ducati che quest'opera, da completare in cinque anni, sarebbe costata, quando nel 1622 sorse la disputa tra l'Ospedale e la bottega, si stabilì che El Greco e suo figlio avevano ricevuto somme diverse fino ad accumulare l'enorme somma di oltre 8.600 ducati.
Non è sopravvissuto alcun contratto relativo alle tele che dovevano decorare queste tre pale d'altare; nell'inventario dei beni del 1614, alla morte di Dominico Greco, si indicava che i dipinti della cappella dell'ospedale erano stati iniziati e che erano pronte solo due tele per i finali delle pale d'altare collaterali; Nell'inventario dei beni del figlio Jorge Manuel Theotocópuli del 1621, tra le opere solo abbozzate si elencano "il Battesimo principale dell'ospedale" (Il Battesimo, ancora oggi conservato nell'istituzione di Toledo) e "due tele per le grandi pale d'altare laterali dell'ospedale", che dobbiamo ipotizzare con L'Annunciazione del Banco Santander di Madrid e - nella sua parte superiore - con Il concerto degli angeli del Museo Nazionale di Atene, e la cosiddetta Visione dell'Apocalisse di San Giovanni Evangelista del Metropolitan Museum of Art di New York; D'altra parte, è evidente, soprattutto nelle figure principali in primo piano delle due scene evangeliche, un calo di qualità attribuibile solo all'intervento di Jorge Manuel.
Mentre alcuni autori sono concordi nell'attribuire la paternità dell'opera al figlio, altri mantengono la tradizione che si tratti di un'opera autografa, anche se l'allusione al suo stato di incompiutezza negli inventari dell'epoca non potrebbe essere intesa come una finzione voluta da Jorge Manuel per evitare il sequestro dei suoi beni a cui era già esposto a causa della lunga disputa avuta con l'amministrazione dell'Ospedale per il ritardo nella consegna delle opere.
In realtà, nel 1624, come tele prestate da Jorge Manuel all'ospedale mentre si completava l'intera commissione, erano state collocate Il Battesimo sulla pala d'altare di sinistra e una non meglio identificata "Venuta dello Spirito Santo" ("Pentecoste") su quella di destra; la prima fu portata in infermeria prima che Jorge Manuel morisse nel 1631 e la seconda, di proprietà degli eredi del pittore, fu venduta alla stessa data.
Oggi è del tutto impossibile ricostruire il programma iconografico che sarebbe stato elaborato per le tre pale d'altare; si è ipotizzato, in base al contratto firmato nel 1635 dal pittore Félix Castello per ridipingere le tre pale dopo la morte di Jorge Manuel e del suo sostituto Gabriel de Ulloa, che gli originali avrebbero seguito questo programma del 1635: Le nuove immagini di Castello dell'"Incarnazione" e di una "Visione dell'Apocalisse" furono dipinte ai lati e quelle della "Predicazione nel deserto" e della "Decapitazione" del santo titolare nei sottotetti, mentre la pala centrale avrebbe avuto solo una nuova tela del "Battesimo".
È possibile che l'Incarnazione e, secondo noi, la tela che sarebbe stata la Resurrezione della carne (negli Stati Uniti), o "dei morti", con la trasformazione - giustificata dal Battesimo e dalla Resurrezione di Cristo - del "corpo animale in corpo spirituale", dell'"uomo terreno in uomo celeste", secondo la Lettera ai Corinzi (15, 12-49), fossero previste per le pale laterali. Alle estremità della cappella, avrebbero simboleggiato l'inizio e la fine della Salvezza, che ha reso possibile la vita eterna per il cardinale defunto e per i malati e i poveri dell'ospedale di Toledo.
Nella pala d'altare principale, logicamente dedicata al santo titolare, il Battesimo di Cristo sarebbe stato pensato come un'epifania trinitaria e il suo tema centrale, che giustificherebbe questa possibilità, la certezza della Salvezza.
Questa tela dipende compositivamente dal tardo Collegio agostiniano dell'Incarnazione o di Doña María de Aragón a Madrid (ora al Museo del Prado), anche se la figura di Dio Padre è di qualità superiore, meno ieratica e frontale. Nonostante la rappresentazione della miracolosa irruzione divina sulla Terra e la conseguente trasformazione dinamica del mondo naturale, le figure del cretese (ad eccezione di Cristo) conservano la loro forza tridimensionale e la loro anatomia plausibile, in un'atmosfera carica e trasmutata dalla luce.
Se Salazar de Mendoza esigeva che la pittura religiosa fosse proprietaria rispetto alla tradizione e ai testi, accettava anche l'esistenza di una licenza dei pittori e degli scultori, come quella dovuta ai poeti; se con Orazio riconosceva che gli artisti avevano il potere di osare ciò che volevano, il pittore che riteneva che la sua arte dovesse occuparsi anche dell'impossibile doveva essere assunto non solo come traduttore di testi in immagini testuali, ma per le proprie capacità formali e trasformative. Non possiamo quindi stupirci della natura "impercettibile" delle cinque virtù che appaiono, minuscole e una di esse priva di simboli identificativi, sopra la scena dell'Annunciazione, o dell'"intrusione" dell'angelo in primo piano, tra Cristo e San Giovanni, nel Battesimo, ingiustificata dal punto di vista storico, testuale o dottrinale. O che ne La resurrezione della carne le anime non fossero chiaramente distinte dai corpi, secondo gli interessi di Salazar, accompagnati da cinque virtù (Carità, figura senza simboli che forse dovrebbe essere Speranza, Prudenza, Fede e Temperanza).
Nonostante gli anni, Domenico continuò a lasciarsi trasportare dai propri desideri e dalle proprie intenzioni, che si concretizzavano nei disegni preparatori e negli schizzi delle sue tele, anche se li lasciava solo abbozzati, per diventare - come qualcuno capace di dipingere l'impossibile - la personalità artistica che si era spinta più in là nella concezione dell'ignoto; il naturale e il soprannaturale, e la loro interazione, richiedevano formule diverse, alle quali solo una pittura che per il Candiota era, proprio per questo, "scientifica", poteva dare una risposta.
Fernando Marías, agosto 2008